La finalità della pena è davvero rieducativa?
Che futuro hanno i detenuti una volta fuori dalle carceri?
Storicamente, negli anni ’50, prevaleva la teoria retributiva della pena; con la pronuncia della Corte Costituzionale n. 12/1966, si è iniziato a parlare, per la prima volta, di finalità rieducativa della pena, filo conduttore per reintegrare il reo nella società.
Il prof. Samuele Ciambriello – Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della Regione Campania – sottolinea l’importanza di una nuova visione del sistema penale, che non preveda necessariamente l’ampliamento delle strutture carcerarie, piuttosto una riflessione sulla depenalizzazione dei reati minori.
“Non più posti nelle carceri, sì alla depenalizzazione dei reati minori” sono le sue parole, durante la lezione del corso di diritto penitenziario, intitolata “I rapporti processuali di esecuzione e la finalità rieducativa della pena”, tenutasi presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, il 26 marzo 2025.
In un contesto di questo tipo, il ruolo dei magistrati di sorveglianza risulta fondamentale, essendo i garanti delle condizioni all’interno degli istituti penitenziari.
Solo con l’intervento della magistratura di sorveglianza e il supporto del privato sociale, è possibile migliorarne la situazione: un impegno collettivo per depenalizzare i reati minori, un passo necessario per alleggerire il sistema giudiziario e penitenziario.
Nonostante i progressi, restano delle criticità, come ad esempio, il sovraffollamento carcerario, che rappresenta una delle principali falle nel sistema.
Qual è il vero ostacolo? La politica, che spesso si orienta verso il consenso popolare. In Italia, ad esempio, il 90% della popolazione si dichiara favorevole alla pena di morte. Questo riflette una visione distorta della giustizia, incentrata più sulla percezione di sicurezza che sulla reale efficacia del sistema penale.
Interessanti sono le misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario, ovvero la semilibertà, la detenzione domiciliare e l’affidamento in prova al servizio sociale. Importante anche la sospensione del procedimento con messa alla prova, rito alternativo e strumento di giustizia riparativa – artt. 42-67 d.lgs. 150/22.
Con il fine di ridurre i tempi del procedimento ed evitare l’accesso al carcere all’autore del reato, l’obiettivo di questi programmi è cercare di ottenere un esito riparativo ricostruendo il legame spezzato tra vittima, reo e comunità e promuovendo la responsabilizzazione della persona autore del reato.
No a più posti nelle carceri ma sì alla depenalizzazione di reati minori e sì a strumenti alternativi alla detenzione così da poter sfociare nel vero senso di rieducazione della pena.
Ariano Irpino, 7 aprile 2025