Gli ultimi episodi di rivolta avvenuti nella Casa Circondariale di Ariano Irpino hanno sollevato nuovamente i problemi che affliggono il sistema penitenziario italiano.
Si è dunque riacceso il dibattito sulla necessità di una riforma di questo sistema giunto ormai sulla soglia del collasso.
Ed infatti, nella notte tra il 28 ed il 29 Marzo, all’ interno dalla struttura di Ariano Irpino si è assistito ad una nuova rivolta dei detenuti, sono circa 42 i detenuti coinvolti, che hanno devastato gli ambienti dell’area comune. Dalle prime indagini, condotte dalla Procura di Benevento emergerebbe che, la causa sarebbe da imputare al ritardo avutosi nei soccorsi di un detenuto che aveva tentato il suicidio. Un’altra strada seguita dagli inquirenti, è quella che riconduce la rivolta ad un sequestro di un drone carico di droga e cellulari.
Si presume che con l’arrivo dei soccorsi, i detenuti abbiano approfittato del caos che si è venuto a creare e si siano impossessati delle chiavi, hanno così aperto le celle poste nell’Ottava sezione del Reparto Nuovo che ospita 47 ristretti.
I detenuti hanno devastato locali e strutture della Casa Circondariale, ma grazie al celere intervento degli agenti di Polizia Penitenziaria, supportati dai colleghi liberi dal servizio e dalle squadre speciali provenienti da Napoli, è stata prontamente sedata. Gli agenti hanno isolato la sezione in rivolta e messo in sicurezza gli altri reparti. Circa la metà dei detenuti rivoltosi, è stata trasferita presso altri istituti.
Questo episodio, nonostante sia di grande pericolosità, è l’emblema del disagio che detenuti ed operatori della giustizia vivono nelle carceri italiane.
Ed infatti, i suicidi, il sovraffollamento e le cattive condizioni di detenzione non sono tematiche nuove.
Il problema non può e non deve essere sottovalutato.
Da lungo tempo si è alla ricerca di nuove soluzioni, che riuscirebbero a garantire una giustizia capace di assolvere alla funzione rieducativa prevista nella nostra Costituzione.
Una soluzione che sembra essere efficace è quella avutasi con l’estensione della messa alla prova anche per gli adulti, avutasi con la L. n. 67 del 2014. Ed infatti, la messa alla prova, si configura come importante strumento di giustizia riparativa, che riduce significativamente i tempi del procedimento ed evita l’accesso al carcere all’autore del reato.
La portata rivoluzionaria di tale istituto sta nel fatto che al soggetto messo alla prova, viene redatto un programma, in cui sono previste attività di volontariato presso associazioni che si occupano di pubblica assistenza, che spesso sono connesse al reato compiuto.
Per cui non solo si assiste una vera e propria rieducazione, ma il soggetto si ritrova a svolgere attività utili alla comunità tutta.
Ovviamente, anche la messa alla prova, presenta delle criticità che si esplicano principalmente su un piano dottrinale, ma nel complesso agisce positivamente sia sul carico pendente che sull’affollamento delle carceri.
Alla luce di quanto detto, pertanto, sono necessarie più alternative alla pena carceraria, al fine di permettere una giustizia che tuteli e protegga la dignità dell’autore del reato, e non lo metta in situazioni che possano spingerlo a compiere gesti pericolosi per se stesso e la sua vita.
Cosicché il carcere possa diventare un luogo che contempli rieducazione e speranza.
Avv. Guerino Gazzella