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LA PRELAZIONE AGRARIA: COS’È E COME FUNZIONA?

Il nostro ordinamento prevede che, qualora venga posto in vendita un fondo agricolo, l’affittuario dello stesso o il confinante debbano essere preferiti rispetto a terzi potenziali acquirenti.

La ratio dell’istituto è volta ad attuare una maggiore tutela in favore di colui il quale stia già coltivando il fondo in qualità di affittuario o sia proprietario di un fondo agricolo confinante e, quindi, al fine di garantire la continuità e la stabilità nella gestione dei terreni nel settore agricolo.

La Legge 26 maggio 1965 n. 590 all’art. 8 stabilisce che “In caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, l’affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione”. 

La stessa norma però detta anche i presupposti ulteriori e necessari all’esercizio del diritto di prelazione ed in particolare stabilisce che: 

1) l’affittuario debba coltivare il fondo stesso da almeno due anni; 

2) non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria; 

3) il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

Come anticipato, il diritto di prelazione agraria viene riconosciuto oltre che all’affittuario del fondo, anche al proprietario del fondo confinante a quello concesso in vendita.

Invero la Legge 14 agosto 1971 n. 817 statuisce che il diritto di prelazione spetta anche a: 

1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l’entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756; 

2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti; 

3) all’imprenditore agricolo professionale iscritto nella previdenza agricola proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti. 

La riforma dell’impresa agricola ha esteso il diritto di prelazione per l’acquisto dei terreni condotti in affitto o confinanti alle società agricole di persone (società semplici, s.n.c., s.a.s.) in cui almeno la metà dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore diretto (d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, modificato dal d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101).

Dovranno poi sussistere tutte le condizioni previste dall’art. 8 della Legge n. 590 del 1965 sopra richiamate.

Appare necessario sottolineare che, con particolare riguardo alla qualifica di coltivatore diretto necessaria per l’esercizio del diritto di prelazione, la giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che debba essere considerato tale chi si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione dei fondi e all’allevamento del bestiame, purché la forza lavoro dell’agricoltore e dei componenti del suo nucleo familiare che collaborano con lui nell’esercizio dell’attività non sia inferiore a un terzo di quella occorrente per le normali necessità dell’azienda agricola. Pertanto, è considerato coltivatore diretto ai fini della prelazione agraria anche chi non coltiva il fondo in modo non professionale, purché stabilmente e abitualmente, e quindi anche chi svolge un’altra attività lavorativa principale (si veda Cass. n. 12374/2001). Partendo da tale assunto, si ha come conseguenza che è qualificato coltivatore diretto anche il coltivatore non iscritto al servizio contributi agricoli unificati (c.d. SCAU), in quanto ciò che rileva è il dato obbiettivo della diretta e abituale attività di coltivazione del fondo (si veda Cass. 19748/2011). Dunque, la prova della qualifica di coltivatore diretto può essere data con ogni mezzo, anche mediante prova testimoniale e per presunzioni (si veda Cass. 413/2006).

Tornando alla disamina generale dell’esercizio del diritto di prelazione agraria da parte del proprietario confinante, va sottolineato che, allorquando sul fondo concesso in vendita sia insediato un affittuario coltivatore diretto, il diritto di prelazione in capo al confinante è escluso.

Sussistendo tutti i presupposti sino ad ora analizzati, ai fini dell’esercizio della prelazione da parte del confinante occorrerà altresì verificare l’esistenza di un’effettiva contiguità dei fondi. Sul punto non troviamo un dato normativo specifico chi indichi quali elementi debbano essere considerati interruttivi del confine e la cui presenza escluderebbe ab origine la possibilità di esercitare la prelazione. La giurisprudenza, nonostante innumerevoli pronunce a riguardo, non è riuscita a fornire una risposta unanime ed esaustiva.

Controverso è, ad esempio, il caso della presenza di una strada (vicinale o interpoderale) posta sul confine dei fondi.  Due sono gli orientamenti della giurisprudenza: il primo attiene alla c.d. “continuità funzionale” secondo cui sussisterebbe il diritto di prelazione anche in presenza di due fonti materialmente separati, ma idonei ad essere accorparti in un’unica azienda agricola (si veda Cass. n. 19747/2011); il secondo attiene invece alla c.d. “continuità materiale” secondo cui invece non sussisterebbe il presupposto della prelazione nell’ipotesi in cui sul confine tra i fondi esista una strada che ne interrompe la contiguità (si veda Cass. 19235/2015). Sarà, dunque, rimessa al Giudice la valutazione caso per caso.

Oggetto della prelazione agraria può essere soltanto un fondo agricolo, ossia un fondo destinato unicamente all’agricoltura, il quale può però essere comprensivo anche di uno o più fabbricati preposti al servizio dell’attività agricola posta sul fondo.

Venendo ora all’analisi delle modalità di esercizio del diritto di prelazione bisogna innanzitutto dire che, nel rispetto della normativa vigente, il proprietario del fondo che intende procedere alla vendita è tenuto a dare comunicazione specifica a colori i quali detengono i requisiti per il godimento del predetto diritto. La comunicazione deve avvenire a mezzo raccomandata e deve contenente la proposta di alienazione, con trasmissione del preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell’acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite, compresa la clausola per l’eventualità della prelazione. 

Ricevuta la suddetta comunicazione, colui il quale intende esercitare il diritto di prelazione potrà farlo nel termine di trenta giorni. 

Ove il diritto si stato regolarmente esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall’avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti.

Nella prassi spesso si verifica che il venditore non adempie a tale onere, procedendo direttamente alla vendita del fondo ad un terzo. 

In questo caso il coltivatore che possiede il diritto alla prelazione ha facoltà esperire azione di riscatto del fondo venduto nel termine di un anno dalla trascrizione dell’atto pubblico di compravendita. 

L’azione, che si propone innanzi al Giudice Civile territorialmente competente, deve essere esperita nei confronti dell’acquirente del terreno e di qualsiasi successivo detentore.

L’esito positivo del giudizio di riscatto agrario permetterà al coltivatore riscattante di ottenere la proprietà del fondo, previo pagamento del prezzo all’originario acquirente. Quest’ultimo, a sua volta, potrà chiedere al venditore il ristoro dei danni subiti ed il rimborso delle spese sostenute.