Il Decreto legislativo n.14 del 2019, anche detto Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, ha introdotto importanti novità sulla figura dell’amministratore di S.r.l., soprattutto con riguardo agli aspetti concernenti la sua responsabilità economica in caso di insolvenza della società stessa. La rilevanza della modifica intervenuta con il sopra citato Decreto Legislativo è data dal fatto che gli amministratori della S.r.l., in passato, non rispondevano in proprio ,con il loro patrimonio personale dei debiti contratti dalla società da essi amministrata.
A tale regola di principio è stata apportata una significativa limitazione.
Invero, l’art. 2476 del codice civile disciplina questa ipotesi di responsabilità prevedendo che gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni che derivano dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge in primis, e dall’ atto costitutivo poi. La ratio sta nel fatto che l’amministratore gestisce un patrimonio non suo ( o che nell’ipotesi in cui sia socio, gli appartenga in relazione alla sua quota), cui sono corredati una serie di doveri, che nel caso in cui vengano violati, devono essere risposti nei confronti della società.
L’obbligo di risarcire il danno, svolge una funzione preliminarmente “preventiva” volta a far adottare all’amministratore tutte le cautele necessarie per evitare che il patrimonio della società venga danneggiato, cui si accosta una funzione “riparativa” una volta che il danno si è verificato.
Da qui ne discende che la responsabilità dell’amministratore di S.r.l. è fondata su tre elementi:
- l’inosservanza di un dovere
- il verificarsi di un danno
- il nesso di causalità tra il comportamento dell’amministratore e le conseguenze dannose per la società
Per ciò che riguarda i doveri cui gli amministratori sono tenuti, l’art. 2476, 1 comma C.C., prevede che questi ricorsi sono quelli “imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società”, nell’adempimento di tali doveri essi devono operare con la diligenza richiesta per l’adempimento di obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, ex art. 1176 c.c., cioè con il grado di diligenza determinato dall’incarico e delle loro specifiche competenze.
Gli amministratori devono dunque osservare sia le disposizioni di legge, sia quei doveri aggiuntivi rispetto alla legge che sono stabiliti nell’atto costitutivo.
Dovere fondamentale è quello di gestire la società, o meglio di svolgere l’attività di impresa per cui la società è stata costituita. Si tratta di un dovere generico che si concretizza a seconda delle caratteristiche e delle circostanze che riguardano la società.
Appare necessario sottolineare che gli atti gestori degli amministratori sono sottoposti al principio generale del c.d. business judgement rule e pertanto sono insindacabili, difatti, l’amministratore di una società non può rispondere per aver posto in essere scelte imprenditoriali che si sono rivelate economicamente inopportune, in considerazione del fatto che la valutazione su di esse è fatta in base alla discrezionalità dell’amministratore. Ovviamente, tale discrezionalità viene limitata, ragion per cui le scelte di gestione devono essere sempre orientate verso i criteri di ragionevolezza, diligenza professionale ed informazione. In sostanza, all’amministratore non è vietato compiere operazioni rischiose, ma deve avere consapevolezza e controllo del rischio, e quindi, deve identificare ex ante, le conseguenze negative e prendere in considerazione le alternative meno rischiose.
L’intervento del d.lgs. n. 14/2019, ha inciso fortemente su questo aspetto, infatti, modificando gli artt. 2086 comma 2 e il 2475 C.C., è stato statuito l’obbligo per gli amministratori di curare l’amministrazione, l’organizzazione e la contabilità della società. Ciò implica il dovere degli amministratori di istituire un adeguato assetto amministrativo ed organizzativo capace di rilevare repentinamente le situazioni di crisi dell’impresa e qualora vi fosse già la crisi, bisogna che gli amministratori si attivino per mettere in moto tutti gli strumenti previsti dalla legge per continuare e recuperare l’attività aziendale. Appare evidente che il contenuto dell’obbligo previsto dalle suddette norme del codice civile, non è a contenuto specifico, ma acquisisce concretezza solo con riguardo alla specificità dell’impresa esercitata e al momento in cui viene presa la scelta.
La rilevanza di questa modifica sta nel fatto che, nel momento in cui gli amministratori non ottemperano ai doveri loro spettanti, rispondono personalmente nei confronti dei creditori della società, se il patrimonio sociale diventi insufficiente per il loro soddisfacimento.
Per esistere il danno occorre che vi sia una qualsiasi riduzione del patrimonio sociale che possa essere una conseguenza di omissioni o azioni poste in essere in violazione degli obblighi posti a carico degli amministratori.
Contestualmente, fra il danno e la violazione è necessario che sussista un nesso di causalità, e dunque, va accertato che il danno non si sarebbe verificato se il comportamento dell’amministratore fosse stato corrispondente ai suoi obblighi, a contrario, se il danno si fosse verificato ugualmente, viene esclusa la responsabilità dell’amministratore.
Per tali ragioni sono imputabili all’amministratore solo i danni che sono una conseguenza diretta ed immediata della violazione degli obblighi che gli competono.
L’azione di responsabilità può essere esercitata dai soci, dalla società stessa e dai creditori, l’esperimento di tale rimedio, è mirato ad ottenere il risarcimento dei danni provocati alla società. Questo tipo di responsabilità rientra nelle ipotesi di responsabilità da inadempimento, anche se non vi è un vero e proprio mandato, intercorre tra amministratore e soci una relazione di fiduciaria che contraddistingue la gestione di interessi altrui. I principi applicabili a tale fattispecie sono quelli che generalmente regolano gli inadempimenti contrattuali, pertanto: l’onere della prova ricade su colui che propone l’azione , a contrario ai sensi dell’art. 1218 C.C. c spetta agli amministratori dimostrare l’inesistenza del danno e quindi la non impunibilità.
L’azione si prescrive entro 5 anni dalla data di cessazione dell’incarico dell’amministratore contro cui viene esperita.
In definitiva la portata innovativa di questa norma risiede nel fatto che attribuendo una responsabilità patrimoniale diretta in capo agli amministratori, si equipara, la s.r.l., notoriamente dotata di autonomia patrimoniale perfetta, alle società di persona, dando così la possibilità di rivalsa anche sul patrimonio personale degli amministratori.
A cura dell’avv. Guerino Gazzella