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Cos’è il Codice Rosso?

La legge sul Codice Rosso n. 69/2019 nasce con l’intento di rafforzare la tutela di coloro che subiscono violenze, atti persecutori e maltrattamenti.

Ha innovato e modificato la disciplina penale e processuale della violenza domestica e di genere, corredandola di inasprimenti di sanzione.

Gli omicidi volontari con vittime donne nel nostro Paese sono purtroppo sempre in crescente aumento. 

In base ad un’analisi statistica posta in essere dal Ministero della Giustizia, ovvero dalla Direzione generale di statica e analisi organizzativa, i numeri di donne uccise sono davvero un massacro. 

Circa 150 casi all’anno in Italia: 157 nel 2012, 179 nel 2013, 152 nel 2014, 141 nel 2015, 145 nel 2016, 123 nel 2017, 142 nel 2018, 315 nel 2019, 211 nel 2020, 119 nel 2021, 322 nel 2022 e 330 nel 2023.

Non esiste però una statistica precisa dei femminicidi perché per sapere quanti siano occorre andare per esclusione nel senso che il Viminale riporta il totale degli omicidi indicando quante vittime siano donne. Ma questi non sono necessariamente femminicidi, perché un omicidio per essere definito femminicidio deve presentare due elementi: il contesto relazionale tra l’esecutore e la vittima e le motivazioni che muovono l’omicidia (come la gelosia, il dominio, il possesso).

Tra le principali novità pensate per la prevenzione del fenomeno c’è l’estensione delle misure cautelari anche alle persone accusate dei cosiddetti “reati spia”, ovvero quelli che sono indicatori di violenza di genere, come ad esempio percosse, lesione personale, minaccia grave, atti persecutori, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, violazione di domicilio.

Con il codice rosso è previsto uno “sprint/accellerazione” per l’avvio del procedimento penale per alcuni reati (maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale).

La celerità del procedimento consiste in questo: 

  1. la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisce immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale;
  2. il pubblico ministero, entro tre giorni dall’iscrizione della notizia, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato. Il termine di tre giorni può esse prorogato solamente in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, pure nell’interesse della persona offesa;
  3. gli atti d’indagine delegati dal pubblico ministero alla polizia giudiziaria devono avvenire senza ritardo.

Tutto ciò è finalizzato ad evitare un diniego di giustizia per le donne che subiscono determinati reati.

Sono interessanti e rilevanti anche le novità introdotte dal codice rosso, come ad esempio, l’art. 16 della l. n. 69 del 2019 ha modificato il co. 2-bis dell’art. 275 c.p.p. in materia di criteri di scelta delle misure cautelari, includendo il nuovo reato di cui all’art. 612-ter c.p., il c.d. revenge porn, ossia l’illecita diffusione di immagini e video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso delle persone rappresentate (anch’esso introdotto dal c.d. Codice rosso) tra quelli per i quali è possibile derogare alla regola generale in virtù della quale la custodia cautelare in carcere non può essere applicata allorché il giudice ritenga che all’esito del giudizio la pena detentiva irrogata non sarà superiore ai tre anni. 

Il nuovo delitto va ad affiancare, per i fini che qui interessano, quello di atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p. e quello di maltrattamenti contro familiari e conviventi di cui all’art. 572 c.p. per i quali era già stata prevista la non applicabilità della citata regola generale.

A cura dell’Avv. Guerino Gazzella

Ariano Irpino, lì 02.02.2024