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RIFORMA DELLA GIUSTIZIA PENALE: INAPPELLABILITÀ DEL PM PER I REATI MENO GRAVI ED ALTRE NOVITÀ

Una delle ultime novità inserite nel testo della riforma della giustizia è la riedizione della ormai proverbiale legge Pecorella, con la quale nel 2006 il deputato Pecorella stabiliva che il pubblico ministero e l’imputato possono proporre appello contro sentenze di proscioglimento soltanto nelle “ipotesi di cui all’articolo 603, comma 2, se la nuova prova è decisiva”.

Questa legge 46/2006 è costituzionalmente illegittima, perché in contrasto con il principio del giusto processo, ex art. 111 Cost.

Dunque, sul punto del potere di impugnazione del Pm, l’intervento prova a non eludere la sentenza della Corte Costituzionale con la quale, nel 2007, venne dichiarata l’illegittimità della legge che cancellava in maniera generalizzata la possibilità per la pubblica accusa di impugnare in appello le sentenze di assoluzione e proscioglimento.

Il ministero della Giustizia nel testo della riforma ha proposto di arrivare al medesimo risultato non per tutte le assoluzioni e per tutti i reati, ma solo per quelli di minore gravità, identificati tecnicamente con quelli a citazione diretta e cioè per i reati puniti con una reclusione non superiore nel massimo a 4 anni. Una misura bilanciata dalle limitazioni dei poteri di appello dell’imputato introdotti da pochi mesi dalla riforma del processo penale. Questo disegno di legge però da un lato abroga dal Codice l’abuso d’ufficio, dall’altra limita la rilevanza penale delle condotte nel traffico d’influenze. 

La scelta di voler cancellare l’abuso d’ufficio viene argomentata con la necessità di restituire serenità agli amministratori pubblici a fronte di numeri eloquenti, ovvero migliaia di iscrizioni nel registro degli indagati e pochissime condanne, nello specifico nel 2011 sono state 4745 le iscrizioni e soltanto 18 le condanne in primo grado.

Il disegno di legge mira anche a definire in maniera più specifica il concetto di mediazione illecita, facendo riferimento alla nozione di mediazione illecita sancita dalla Corte di Cassazione che considera illecita la mediazione quando finalizzata a far compiere un reato ad un pubblico ufficiale.

Viene poi mantenuta l’ipotesi della mediazione consistente nella costituzione di una provvista in conto corruzione, è eliminata l’ipotesi della “millanteria”; restano quindi le condotte più gravi.

Viene elevato il minimo della pena, da un anno e sei mesi a quattro anni e sei mesi.

Per quanto riguarda le misure cautelari, il carcere preventivo costituisce un’altra parte essenziale del provvedimento. Il carcere preventivo sarà sempre decisione del collegio, mentre fino ad ora è stata una decisone rimessa al giudice monocratico. Tale collegialità è prevista soltanto in fase di indagini, non quando la misura è adottata durante le procedure di convalida di arresto o  ed è estesa anche alle pronunce di aggravamento della misura cautelare e all’applicazione provvisoria delle misure di sicurezza detentive

È stato introdotto il principio del contraddittorio preventivo in tutti quei casi in cui, in base al tipo di reato o per la concretezza dei fatti, durante le indagini preliminari, non è indispensabile procedere senza preavviso. Così si prevede l’interrogatorio dell’indagato, che andrà avvisato 5 giorni prima, con deposito preventivo degli atti e la facoltà della difesa di averne copia. 

Ovviamente, sono aumentati anche i casi di nullità in cui non vengono rispettate le ultime novità normative.

La scelta di aumentare di 250 unità l’organico della magistratura, destinandole alle funzioni giudicanti, è sorta per fronteggiare le difficoltà negli uffici giudiziari di dimensioni molto piccole che non riescono a far fronte alla mole di procedure giudiziarie in tempi celeri.

Inoltre, sull’avviso di garanzia è stato previsto un irrobustimento per rafforzarne la funzione di tutela della persona indagata, prevedendo che l’informazione dovrà così quanto a contenuti prevedere una descrizione sommaria del fatto, per consentire di anticipare un abbozzo di difesa, e quanto a forma, evitare il più possibile l’intervento della polizia giudiziaria a protezione della privacy.

Ad oggi, l’esiguo numero di condanne, a fronte dei tanti procedimenti avviati che restano ancora significativi sul piano quantitativo, porta alla giusta decisione di procedere alla scelta più drastica e cioè la cancellazione dal Codice penale del reato di abuso d’ufficio.

A cura dell’Avv. Guerino Gazzella e della Dott.ssa Isabella Urciuoli

15/06/2023