L’omessa o errata informazione di un paziente circa il trattamento sanitario praticato – da intendersi, quest’ultimo, in senso ampio, da un esame diagnostico ad un intervento chirurgico –è di per sé causa di un danno risarcibile?Ossia, il paziente ha diritto di essere risarcito per il solo fatto di non essere stato informato?
La sentenza n. 28985 del 2019 – Pres. Cons. Travaglino rel. Cons. Olivieri – pubblicata l’11 novembre 2019, insieme alle altre nell’ambito del “Progetto Sanità” della Terza Sezione Civile della Suprema Corte di cassazione, offre una risposta al quesito. Anche in questo caso, come per le altre pronunce, il quesito posto all’attenzione della Corte non è nuovo; tuttavia, anche per esso, si è avvertita la necessità di un intervento chiarificatore, nomofilattico appunto, che facesse il punto della situazione.
Anticipando le conclusioni che seguiranno, si può subito dire che la risposta del Collegio è stata positiva:il paziente ha diritto di essere risarcito per il solo fatto di non essere stato affatto o correttamente informato purché dimostri che, correttamente informato, avrebbe scelto di non sottoporsi al trattamento sanitario o di sottoporsi ad un trattamento diverso (o, più semplicemente, di differirlo nel tempo), essendo privato della possibilità di disporre del proprio corpo e di valutare i costi e benefici del trattamento (valutazione legata non soltanto agli esiti positivi o negativi di esso ma estesa anche alla durata del periodo di convalescenza o di riabilitazione, alla necessità di sottoporsi ad ulteriori trattamenti necessari e, più in generale, al mutamento delle condizioni di vita); il paziente non ha, invece, diritto di essere risarcito ove si dimostri, al contrario, che vi si sarebbe comunque sottoposto.
Il consenso informato, ossia l’obbligo di fornire una corretta e dettagliata informazione al paziente (sullo stato di salute, sui trattamenti sanitari cui egli potrebbe essere sottoposto, sulle loro conseguenze, sugli esiti sperati e possibili rischi, sugli accertamenti necessari, sulle conseguenze nel caso di mancata sottoposizione ad un trattamento, ecc.), pur strettamente connesso e strumentale alla tutela del diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., ha una sua autonoma rilevanza costituzionale, fondandosi sul diritto all’autodeterminazione, ossia sul diritto di disporre liberamente della propria salute e del proprio corpo (in questi termini si esprime la Corte costituzionale nella sentenza n. 438 del 2008 «[…] il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che <<la libertà personale è inviolabile>>, e che <<nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge>> […]La circostanza che il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione pone in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32, secondo comma, della Costituzione»).
Di conseguenza, l’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente costituisce oggetto di una prestazione altra e diversa da quella medico-sanitaria in senso stretto (tra le altre,Sez. 3, Sentenza n. 2854 del 13/02/2015 Rv. 634415 – 01).
Oggi, l’obbligo informativo del paziente è stato positivizzato – e la sua violazione sanzionata sul piano civile e penale – dalla legge 22 dicembre 2017, n. 219.
Quanto ai rapporti tra l’omissione informativa e il danno biologico subìto dal paziente, se è vero che l’obbligo informativo è oggetto di una distinta prestazione in capo al medico, in grado di produrre, ove non adempiuta, un autonomo pregiudizio, è anche vero che la sua violazione non può non «inserirsi tra i fattori “concorrenti” della stessa serie causale determinativa del pregiudizio alla salute, dovendo, pertanto, riconoscersi alla omissione informativa una astratta capacità plurioffensiva» (punto 2.3).
In sostanza, il Collegio ribadisce quanto già affermato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la violazione degli obblighi informativi può causare due diversi tipi di danni: un danno biologico, ove si dimostri che, se correttamente informato, il paziente non si sarebbe sottoposto al trattamento e non ne avrebbe subìto le conseguenze invalidanti; e, un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, che sussiste se il paziente provi di aver subìto un pregiudizio (patrimoniale o non patrimoniale) diverso e/o ulteriore rispetto al primo (si consideri, per tutte, Sez. 3, Sentenza n. 24220 del 27/11/2015 Rv. 638097 – 01 in cui si prospetta la lesione del diritto all’autodeterminazione non solo a scelte terapeutiche ma anche a scelte procreative, per non essere stata informata la gestante della possibilità di sottoporsi ad esami in esito ai quali avrebbe potuto scegliere se portare o meno a termine la gravidanza).
Inerendo la scelta del soggetto al nesso di causalità giuridica di cui all’art. 1223 cod. civ., ossia alla relazione tra evento lesivo (condotta omissiva del medico) e il pregiudizio da quello causato (in primis, violazione del diritto di autodeterminazione), l’onere della prova graverà sul paziente-danneggiato, potendo essere assolto con ogni mezzo, compreso il ricorso al notorio.
Su queste premesse, il Collegio, al fine di mettere in evidenza la diversa rilevanza causale dell’omissione informativa in caso di danno biologico causalmente imputabile ad un errore medico, distingue tre ipotesi: a) il paziente avrebbe comunque prestato il consenso al trattamento; b) il paziente non avrebbe prestato il consenso al trattamento; c) il paziente avrebbe prestato il consenso ma a condizioni diverse. Solo nel caso b)l’omissione informativahaavuto un’effettiva rilevanza causale; ed anzi, la violazione degli obblighi informativièl’origine della serie causale che si conclude con la lesione della salute. Nel caso a), viceversa, l’omissione informativa è causalmente neutra eil danno biologico causalmente imputabile soloall’errore medico.
Il caso c) si presenta, invece, differente. Il paziente avrebbe prestato il consenso al trattamento, per cui,l’omissione informativa è causalmente neutra rispetto al danno biologico (non diversamente da quanto osservato nel caso a)); tuttavia, il paziente può dimostrare che l’omissione è stata causa di un diverso pregiudizio «allegando ad esempio che avrebbe assentito al trattamento sanitario, ma che consentendolo lo stato patologico accertato -, se correttamente informato, avrebbe tuttavia optato per un differimento del tempo in cui sottoporsi all’intervento, in modo da poter perseguire altri interessi od assolvere a propri impegni che non avrebbero potuto essere altrimenti soddisfatti in un tempo successivo, ed ai quali aveva dovuto invece rinunciare» (punto 2.4).
In conclusione, ove si accerti che il paziente, se correttamente informato, avrebbe prestato il consenso al trattamento, è escluso un risarcimento per lesione del diritto all’autodeterminazione, a prescindere dall’eventuale danno biologico riportato dal soggetto e causalmente imputabile ad errore medico (che sarà, ove provato, risarcibile). Diversamente, ove si accerti che il paziente, se correttamente informato, non avrebbe prestato il consenso, occorrerà distinguere due ipotesi a seconda che il danno biologico sia causalmente imputabile a colpa medica: in caso di risposta positiva,il paziente avrà diritto tanto al risarcimento del danno biologico quanto al risarcimento del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione; in caso di risposta negativa,egli avrà diritto al risarcimento del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione,mentre il danno biologico sarà calcolato in termini differenziali, mettendo in relazione lo stato di salute pregresso e successivo al trattamento.
In ultimo, la sentenza n. 28985/2019 considera l’omissione informativa dalla quale non sia scaturito un danno biologico e, pur tuttavia, la mancata informazione abbia impedito al paziente di sottoporsi ad accertamenti «più accurati ed attendibili» (come nel caso della donna incinta); in questa ipotesi, il danno per lesione del diritto all’autodeterminazione potrà essere riconosciuto solo se il soggetto provi i pregiudizi – patrimoniali e non – comunque causati dalla violazione.