Cosa accade se l’ex non adempie all’obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge derivante dalla fine della loro relazione?
L’art 156 del codice civile regola i rapporti patrimoniali tra i coniugi all’esito della separazione, in particolare, al comma 1 prevede che: “il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge a cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, nell’eventualità in cui egli non abbia redditi propri”. (Il c.d. diritto al mantenimento).
In caso di inadempienza da parte del coniuge tenuto al mantenimento, il comma 6 della predetta norma, riconosce al giudice, su richiesta dell’avente diritto, un duplice potere: da un lato può disporre il sequestro di una parte dei beni del coniuge obbligato e, dall’altro, ordinare a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.
Si tratta di garanzie che possono essere concesse anche contemporaneamente a carico del medesimo obbligato (Cass. 22 aprile 2013 n.9671).
Orbene, controversa è la natura del provvedimento di sequestro di una parte dei beni del coniuge tenuto al mantenimento. Secondo la più recente e consolidata giurisprudenza di legittimità non avrebbe natura cautelare, in quanto a differenza del sequestro conservativo di cu all’art 671 c.p.c. non richiede i presupposti del fumus boni iuris (quale situazione che consenta di ritenere probabile l’esistenza della pretesa creditoria in contestazione) e del periculum in mora (quale rischio di un pregiudizio effettivo per il diritto di credito, ovverosia quale timore che il debitore compia atti di disposizione che possano diminuire la garanzia patrimoniale diretta), ma presuppone, invece, un credito già dichiarato, anche se in via provvisoria, e l’inadempimento dello stesso. Inoltre, può essere posto in essere solo su determinati beni, non su tutto il patrimonio del debitore.
La descritta questione non è irrilevante da un punto di vista pratico, giacchè produce conseguenze con riferimento ai presupposti di concedibilità. Il procedimento ex art 156 c.c. consente, infatti, al coniuge debole di procedere al sequestro in caso di inadempimento dell’altro coniuge, senza dover dare prova di requisiti diversi ed ulteriori, purchè sussista un credito già dichiarato, anche se in via provvisoria.
Quindi, la funzione di questa forma di sequestro sembrerebbe divergere da quella che il dato letterale suggerisce, il quale discorrendo, appunto, di “sequestro” rievoca, inevitabilmente, il provvedimento di cui all’art 671 c.p.c. avente natura tipicamente cautelare.
Il sequestro di cui all’art 156, comma 6, c.c. secondo alcuni, quindi, si configurerebbe quale misura coercitiva speciale, tipica, di natura conservativa.
In questa direzione la giurisprudenza della nomofilachia e di merito, da ultimo di particolare interesse è l’ordinanza n. 21335 del 2018 del Tribunale di Roma, è intervenuta più volte per delineare la portata della disposizione di cui al comma 6 dell’art 156 c.c., anche, nella parte in cui consente al giudice di ordinare a terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto, affermando che, nel caso in cui il coniuge non adempie nei confronti dell’ex gli oneri scaturenti dalla loro separazione, potrà essere obbligato il suo datore di lavoro a versare direttamente la somma dovuta trattenendola dalla busta paga dello stesso.
Ciò significa che, a differenza del pignoramento dello stipendio, in questo caso a pagare sarà direttamente il datore di lavoro a fronte della “comprovata e ripetuta inadempienza del coniuge”, in tal modo garantendo che le somme di denaro dovute siano effettivamente trasferite mensilmente all’ex.