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La sentenza n. 77/2018 della Corte Costituzionale sulla compensazione delle spese di lite

La Corte Costituzionale con sentenza del 19 aprile n. 77 del 2018 boccia parzialmente l’art 92, comma 2 c.p.c., in tema di compensazione delle spese di lite, nella parte novellata dal d.l. n.132/2014.

Gli artt. 91 e 92 c.p.c., in tema di spese processuali, sono stati oggetto di diversi interventi di riforma da parte del legislatore con il chiaro intento di mettere un punto fermo relativamente alla discrezionalità del giudice sulla compensazione delle spese processuali.

L’art. 91 c.p.c. come riformulato dalla Legge 18 giugno 2009 n.69 dispone che: “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a sé, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa.

Il regolamento delle spese di lite è, dunque, consequenziale ed accessorio rispetto alla definizione del giudizio.

Con la Legge 18 giugno 2009, n. 69, il legislatore è inoltre, intervenuto sul secondo comma dell’art 92 c.p.c., allo scopo di moderare il potere del giudice nella compensazione tra le parti delle spese del giudizio, prevedendo che la compensazione possa avvenire non più in presenza di “giusti motivi” come prevedeva il testo previgente, ma soltanto in presenza di “altre gravi ed eccezionali ragioni”.

Il requisito della “gravità”, richiesto per la compensazione delle spese di lite in presenza di eccezionali ragioni, implica la presenza di una ragione effettivamente ed oggettivamente rilevante.

Invero la Legge 28 dicembre 2005 n. 263 art. 2 aveva già modificato l’art 92, comma 2 c.p.c., stabilendo che: “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per l’intero, le spese tra le parti”.

La compensazione delle spese è, dunque, subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni che il giudice è tenuto ad indicare esplicitamente nella motivazione.

Detti interventi di riforma hanno trovato conferma nella successiva giurisprudenza di legittimità.

Nella pronuncia della Corte di Cassazione n. 319 del 2014 si legge, infatti, che “in tema di spese processuali, l’art. 92 secondo comma c.p,c,, ne legittima la compensazione, ove non sussiste reciproca soccombenza, solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni” esplicitamente indicate nella motivazione”,  che non possono essere ravvisate nella oggettiva “opinabilità della soluzione accolta”.

In tale ottica i giudici di legittimità nella sentenza n.21083 del 2015 hanno, altresì, ribadito che “in tema di spese giudiziali, in forza dell’art 92, comma 2, c.p.c. (nella formulazione introdotta dalla l. n. 69 del 2009, applicabile “ratione temporis”) può essere disposta la compensazione in assenza di reciproca soccombenza soltanto ove ricorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, che devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa da indicarsi esplicitamente nella motivazione della sentenza, senza che possa darsi meramente rilievo alla “natura dell’impugnazione”, o alla “riduzione della domanda in sede decisoria”, ovvero alla “contumacia della controparte”, permanendo in tali casi la sostanziale soccombenza di quest’ultima, che deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese”.

Le suddette pronunce confermano altre recenti decisioni della Suprema Corte, secondo cui il vizio di violazione di legge dell’art. 92, comma 2, c.p.c. sussiste qualora la decisione di compensazione delle spese sia giustificata da generici motivi di equità e di opportunità, per cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa se la scelta di compensazione sia motivata genericamente.

Orbene la riforma, in tema di rimborso delle spese processuali, operata, anche in funzione deflattiva del processo, dalla Legge n..69 del 2009, ancorché avallata dalla giurisprudenza di legittimità, non si è, tuttavia, rivelata utile in quanto – prevedendo la compensazione in caso di soccombenza reciproca ovvero in ragione della sussistenza di altre gravi ed eccezionali ragioni da esplicitare nella motivazione della sentenza e, quindi, conferendo al giudice il potere discrezionale di individuarle – ha avuto quale effetto opposto di favorire il contenzioso, consentendo alla parte vittoriosa di mettere in discussione la decisione di compensazione totale o parziale delle spese laddove motivata incongruamente o in modo non soddisfacente per la stessa parte.

Da qui la necessità di un ulteriore intervento legislativo operato con la Legge n. 162 del 2014 che ha tipizzato i casi di compensazione legale da individuarsi, oltre che nell’ipotesi classica “della soccombenza reciproca”, in quelle “dell’assoluta novità della questione trattata” o “del mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”.

È chiaro, dunque, che la suddetta previsione, senza dubbio più stringente, ha escluso il potere discrezionale del giudice di cui si è detto non prevedendo la compensazione delle spese legali in presenza “di gravi ed eccezionali ragioni da indicarsi nella motivazione della sentenza”; detta norma è applicabile ai procedimenti introdotti a decorrere dal 30’ giorno successivo dall’entrata in vigore del predetto intervento legislativo, residuando una serie di procedimenti (ante 2014) regolati dalla disciplina previgente.

A seguito della riforma attuta con d.l. 132/2014 la regola sulla compensazione delle spese ha subito, quindi, una modifica di non poco rilievo così che con due distinte ordinanze di rimessione è stata sottoposta alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art 92, comma 2, c.p.c..

La Consulta con sentenza n. 77 del 2018 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 comma 1, 24 comma 1 e 111 comma 1 della Costituzione, l’art 92, comma 2, del c.p.c., nella parte in cui non prevede che “il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”.

Specificamente, la Corte ha statuito che il legislatore del 2014 ha ristretto in misura eccessiva il perimetro della deroga alla regola della soccombenza di cui all’art 92, comma 2, c.p.c, in quanto facendo riferimento soltanto alle due ipotesi tassative sopra indicate oltre che a quella tradizionale della soccombenza reciproca, ha lasciato fuori altre analoghe fattispecie (le gravi ed eccezionali ragioni da indicarsi nella motivazione della sentenza) riconducibili alla stessa ratio giustificativa, violando, quindi, il principio di ragionevolezza e di eguaglianza.

Inoltre, l’esclusione di tali fattispecie dall’ambito applicativo della compensazione delle spese si presenta, altresì, irragionevole e illegittima tanto per violazione del canone del giusto processo (art. 111, primo comma, Cost.) quanto sul piano della limitazione al diritto di azione (art. 24, primo comma, Cost.).