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Figli minori e mantenimento: escluso il reato ex art. 570, comma 2, C.P. se l’inadempimento non è protratto nel tempo e non doloso

figli minori e mantenimento

Nei giudizi di separazione tra coniugi il giudice deve pronunciarsi sull’obbligo dei genitori di occuparsi della prole, determinando quale sia il contributo per il mantenimento a loro carico, tenendo conto della situazione economica familiare preesistente e della necessità di non far mancare ai figli, in specie se minori, i mezzi di sussistenza. Tale decisione viene presa dal magistrato già in sede di provvedimenti temporanei ed urgenti, stante l’importanza dell’argomento, con obbligo immediato di adempimento. Chiaramente la conclusione del giudizio prevede il decorrere di un lasso di tempo piuttosto ampio, in attesa del deposito degli scritti difensivi autorizzati e dell’espletamento dell’istruttoria, durante il quale, però, il genitore tenuto al mantenimento potrebbe trovarsi in una situazione economica ben diversa da quella prospettata al momento della decisione iniziale del Tribunale. Ebbene in questi casi è possibile presentare richiesta per la modifica del provvedimento, ottenendo, se sussistono i presupposti, una riduzione dell’assegno di mantenimento. Ma cosa succede se il genitore non adempie o versa solo in parte il contributo, autoriducendosi quanto doveva e si è presenza di figli minori? In tali casi incorrerà nell’ipotesi di reato prevista e punita dall’art. 570, comma, 2  del codice penale che riguarda la violazione degli obblighi di assistenza familiare, in particolare nel caso in cui si facciano mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti. La sesta Sezione della Corte di Cassazione con una recentissima sentenza dello scorso marzo (n. 11635 del 14.03.2018) ha chiarito che non vi è violazione dell’obbligo di fornire i mezzi di sussistenza al figlio se l’inadempimento è sporadico e non doloso.

Quanto emerge dalla sentenza è che la configurabilità del reato di cui all’art. 570, comma 2, c.p., nell’ipotesi di corresponsione solo parziale dell’assegno stabilito in sede civile per il mantenimento del figlio, o di mancato versamento per un limitato e non protratto lasso di tempo, vada accertata nel giudizio penale, verificando se la condotta abbia inciso in maniera apprezzabile sulla disponibilità dei mezzi di sussistenza che il genitore obbligato è tenuto a garantire ai beneficiari ( in specie se figli minori), tenendo conto di tutte le altre circostanze del caso concreto. Ciò significa che deve escludersi una automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale (precedentemente Cass. pen., Sez. II, 10 febbraio 2017, n. 24050).

Per ritenersi sussistente la fattispecie di reato quindi l’inadempimento del soggetto obbligato deve essere serio e sufficientemente protratto per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire”.

Pertanto il reato non può dirsi automaticamente integrato con l’inadempimento della corrispondente normativa civilistica e, ancorché la violazione possa conseguire anche al ritardo, il giudice penale deve valutarne in concreto la gravità, ossia l’attitudine oggettiva ad integrare la condizione che la norma tende ad evitare”.

Ciò significa che nel caso in cui sussistano adeguate giustificazioni correlate alle condizioni dell’obbligato ed appaiano collocabili entro un periodo breve cioè limitato nel tempo, considerato che a fronte di tali inottemperanze, si valuti un più ampio periodo in cui risulti accertata la piena regolarità nel soddisfacimento dei relativi obblighi, un parziale adempimento con autoriduzione dell’importo stabilito o ritardo o mancato pagamento, non possono far ritenere sussistente l’ipotesi di reato, poiché non c’è automatismo tra la violazione della norma civilistica e la fattispecie prevista dall’art. 570 c.p.

In ultimo va aggiunto che l’ipotesi di reato di cui all’art. 570, c.p. prevede la sussistenza di una volontà dolosa di non adempiere agli obblighi, dunque un inadempimento volontario che determina il far mancare i mezzi di sussistenza ai beneficiari, che è cosa ben diversa da un’eventuale situazione di crisi in cui può versare il coniuge obbligato. Va cioè distinto tra l’ipotesi in cui vi sia una volontà dolosa di sottrarsi all’adempimento degli obblighi di assistenza da parte del soggetto obbligato da quella in cui manchi il dolo ma vi è una impossibilità di adempiere.