Focus

Comodato d’uso della casa familiare: diritti e doveri delle parti, come tutelarsi, rimedi esperibili.

Nel contratto di comodato una parte (comodante) consegna all’altra un bene, affinché se ne serva per un tempo ed un uso determinato, con l’obbligo di restituire la cosa ricevuta (art. 1803 c.c.).

Specifichiamo in premessa i diritti e gli obblighi di comodante e comodatario.

Il comodante: 

  • Non può chiedere la restituzione dell’immobile prima del termine fissato (nel comodato a termine);
  • Non deve recare molestia al comodatario;
  • Deve informare il comodatario degli eventuali vizi dell’immobile che potrebbero limitarne l’uso art. 1812 c.c., in difetto può essere obbligato al risarcimento del danno. 

Il comodatario:

  • Ha diritto di usare il bene per il tempo stabilito;
  • Ha il diritto di tutelare il proprio godimento da molestie e turbative, del comodante o di terzi;
  • Ha l’obbligo di custodire e conservare il bene;
  • Ha l’obbligo di sostenere le spese necessarie alla custodia e alla conservazione del bene;
  • È responsabile del perimento o deterioramento del bene. 

Una differenza sostanziale occorre effettuarla in merito al comodato a termine ed il comodato precario, poiché mentre quest’ultimo è sine die, ovvero le parti non convengono un termine per la restituzione, il comodato a termine prevede l’indicazione di un termine specifico per la restituzione del bene, termine che a sua volte può differenziarsi in esplicito ed implicito; il termine è esplicito qualora sia indicato un termine specifico per la restituzione del bene, ad esempio 6 mesi o 1 anno; il termine è implicito qualora la durata del comodato dipenda dall’uso specifico a cui il bene è destinato. 

Nel caso di specie, il comodato d’uso della casa familiare è un comodato a termine implicito, in quanto destinato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia, oppure destinato a casa familiare degli sposi.

Le problematiche per tale tipo di comodato sono varie, ma soffermiamoci su uno dei casi più comuni: la sopravvenienza della crisi coniugale.

Il comodato di un bene immobile, stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, sicché il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento oltre l’eventuale crisi coniugale, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c., ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante. 

Nel caso di una coppia di fatto, che non sia legata da nessun vincolo coniugale, vale lo stesso principio, ovvero di tutela della parte beneficiaria del comodato, poiché coerente con i bisogni abitativi del comodato ad uso abitativo e dunque di durata corrispondente a tali bisogni. Difatti, con ordinanza del 24.04.2023 n. 10895 la Cass. civ., Sez. III ha statuito in favore della comodataria, rigettando la richiesta di restituzione del bene e risoluzione del comodato, eccependo che il contratto non avesse natura precaria, poiché finalizzato a soddisfare il diritto al godimento del bene fino a che quel bisogno fosse durato. 

Pertanto, la giurisprudenza è ormai granitica sul punto che il comodato di immobile destinato a casa familiare ha una durata determinabile per relationem, e ciò indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale. Salvo diverso accordo tre le parti, il comodante potrà ottenere il rilascio dell’immobile solo alla scadenza del termine implicito di durata ovvero nelle particolari ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevedibile bisogno, che come sancito dalla Cass. S.U. 20448/2014 deve avere le caratteristiche di serietà, concretezza ed imminenza. 

Un esempio pratico lo riscontriamo nelle pronunce della Suprema Corte, ovvero nelle sentenze Cass. N. 18619/2010 e Cass. N. 4917/2011: i proprietari dell’immobile, che nella maggioranza dei casi sono i genitori del marito, non possono chiedere alla moglie, collocataria della prole, la restituzione dell’abitazione salvo che dimostrino di averne bisogno, ma il suddetto bisogno deve qualificarsi come “serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto”.

La Cass. civ., Sez. III, con ordinanza n. 9990 del 10.04.2019 ha specificato che il contratto di comodato di “lunga durata”, figura nella quale si inscrive la concessione in godimento dell’immobile al quale è impressa la destinazione d’uso per le esigenze della famiglia, non può ritenersi scollegato dalle vicende del nucleo familiare, tanto nel momento fisiologico, che in quello patologico della convivenza matrimoniale o di fatto, in presenza di minori o di figli non autosufficienti, così come accertate nel provvedimento giudiziale adottato dal Giudice nel procedimento di separazione o di divorzio, atteso che solo in seguito a tale provvedimento risultano verificate le condizioni legali che consentono l’assegnazione della casa familiare, in difetto delle quali cessa il presupposto che legittima l’assegnatario, che non era titolare di diritti sull’immobile, a permanere nel godimento del bene.

A cura dell’Avv. Guerino Gazzella e della Dott.ssa Isabella Urciuoli.