Tendenzialmente tutti, prima o poi, dovremo servirci delle prestazioni di un notaio: l’acquisto di un immobile, la sua locazione, la costituzione di una società, una donazione sono solo alcuni esempi di casi in cui si renderà necessaria la presenza di un notaio. Quando ci si rivolge a questo tipo di professionista difficilmente ci si aspetta che egli possa commettere un errore e anzi la presenza stessa del notaio infonde una certa sicurezza. Tuttavia, nessuno è infallibile e anche il notaio potrebbe commettere errori con conseguenze talvolta anche molto gravi per il cliente.
Si pensi, ad esempio, ad un notaio chiamato a rogare un atto di compravendita di un immobile che ne attesti la libertà da vincoli mentre, dopo diverso tempo, l’acquirente, vedendosi notificare un atto di citazione, venga a scoprire che il bene era gravato da ipoteca o che esso non era di proprietà del venditore al momento dell’acquisto (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 22820 del 29/09/2017), subendo così l’evizione, totale o parziale.
O ancora, si pensi ad un’impresa di costruzioni che acquisti un terreno per fini edificatori e le venga notificato – anche qui – a distanza di tempo un ordine di demolizione dell’opera costruita per via di un vincolo di natura archeologica gravante sul terreno taciuto dal notaio al momento di stipula dell’atto (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 25113 del 24/10/2017 caso in cui, sebbene l’ordine di demolizione fosse giustificato anche dalla mancanza di talune autorizzazioni, la Suprema Corte ha ritenuto tale circostanza non in grado di interrompere il nesso di causalità tra la condotta del notaio e il danno poiché, secondo il criterio del “più probabile che non”, ove adeguatamente informato il cliente non avrebbe acquistato il terreno e intrapreso l’attività edilizia).
La negligenza del notaio potrebbe danneggiare finanche una banca. Si pensi al caso della concessione di un mutuo garantito da ipoteca volontaria su un bene di proprietà di un terzo; verificatosi l’inadempimento del mutuatario, agendo in executivis, la banca potrebbe scoprire di aver perso la garanzia perché, al momento della costituzione, il bene non era di proprietà del terzo, circostanza di cui il notaio non si era avveduto (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 22059 del 22/09/2017).
In tutti e tre i casi, il cliente potrà agire nei confronti del notaio per l’accertamento della sua responsabilità professionale.
Nel valutare se la condotta costituisca un inadempimento alla prestazione professionale si dovrà considerare non solo la specifica attività richiesta (es. stesura di un atto pubblico) ma anche il compimento di tutte le attività successive e precedenti che quell’attività presuppone poiché anch’esse rientrano nell’oggetto della prestazione lui richiesta (in questo senso Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26020 del 05/12/2011 «pur essendo il notaio tenuto, quale professionista, ad una prestazione di mezzi e comportamenti e non di risultato, l’opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell’atto, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell’atto giuridico da rogarsi, ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento delle scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti […] a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d’opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico (Cass. n. 13825/2004; Cass. n. 1330/2004; Cass. 28/11/2007, n. 24733)»).
Affinché l’azione di risarcimento danni, che ha natura contrattuale ed è soggetta all’ordinario termine decennale, possa essere fatta valere è necessario che l’inadempimento al contratto d’opera professionale abbia effettivamente prodotto un danno.
L’inadempimento del professionista, infatti, rappresenta l’evento produttivo del danno ma non si identifica con esso; il danno sarà costituito dal pregiudizio (nelle due forme della perdita subita o del mancato guadagno) subito dal cliente, conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento conformemente a quanto sancito dall’art. 1223 cod. civ.
Si pensi, ad esempio, ad un soggetto che si è rivolto al notaio per l’acquisto di un immobile e che dopo qualche anno si veda notificare una cartella di pagamento con cui l’agente della riscossione provveda a riliquidare le imposte dovute per l’acquisto che, a suo tempo, il notaio aveva sbagliato a calcolare – e di conseguenza comunicare al cliente. In questo caso, se la somma pretesa dall’agente della riscossione fosse limitata all’imposta all’epoca dovuta, ossia non fossero applicate sanzioni o maggiorazioni per l’errato pagamento iniziale, l’inadempimento del notaio, pur verificatosi, non avrebbe prodotto alcun danno risarcibile.
Escluso questo caso e considerando solo l’ipotesi in cui un danno si sia effettivamente prodotto, esso potrebbe essere contestuale all’inadempimento o, come spesso accade, prodursi a distanza di diverso tempo. L’ampiezza di tale arco temporale potrebbe essere irrilevante poiché, posto che l’azione di responsabilità presuppone la produzione di un danno, anche se sono trascorsi più di dieci anni dal momento in cui si è verificato l’inadempimento, non è detto che il diritto al risarcimento del danno si sia già prescritto. Sul punto possono richiamarsi le parole di Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26020 del 05/12/2011 (e nello stesso senso, da ultimo Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6954 del 2019) «l’azione da responsabilità contrattuale nei confronti del debitore presuppone la produzione del danno, ancorché l’inadempimento sia stato posto in essere in epoca anteriore, con la conseguenza che la relativa prescrizione non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del pregiudizio di cui si chiede il risarcimento.».
Naturalmente, il momento di produzione del danno dovrà essere valutato caso per caso e sarà diverso a seconda del tipo di prestazione richiesta al professionista.
Così, ad esempio, nel caso in cui il cliente subisca l’evizione totale o parziale di un bene – perché il notaio non aveva effettuato le dovute verifiche presso gli uffici catastali – l’inadempimento sarà oggettivamente percepibile già dalla citazione in giudizio notificata dal terzo ma il danno si produrrà eventualmente solo nel momento in cui la domanda avversaria sarà accolta; in questo caso, il dies a quo dal quale il termine di prescrizione inizierà a decorrere sarà ancorato all’emissione di una sentenza provvisoriamente esecutiva o al suo passaggio in giudicato.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che il danno deve non solo prodursi ma anche manifestarsi all’esterno ossia essere percepibile dal soggetto danneggiato avuto riguardo alla diligenza in concreto da esso esigibile, anche alla luce dell’attività professionale da lui esercitata; solo da questo momento «il diritto può essere fatto valere» (art. 2935 cod. civ., rubricato «decorrenza della prescrizione»).
Nel valutare la diligenza media esigibile dal cliente, infine, non può non tenersi conto che «quanto maggiore è la professionalità richiesta, tanto minore può essere l’attenzione esigibile da parte del cliente» (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 22059 del 22/09/2017): il fatto stesso di aver affidato al notaio lo svolgimento di talune operazioni indurrà il cliente ad essere meno attento perché rassicurato dalla presenza del professionista.
Si pensi, ad esempio, al caso della banca indicato in precedenza. Sarebbe errato pretendere che essa, sol perché non considerabile un quisque de populo, effettui una visura catastale presso gli uffici competenti per accertare l’effettiva appartenenza del bene al terzo datore d’ipoteca poiché questo controllo rappresenta il proprium dell’attività richiesta al professionista.