Secondo una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (n. 28213/2020) la risposta è sì!
Per meglio comprendere la ratio sottesa alla suddetta pronuncia appare necessario analizzare gli aspetti fattuali caratterizzanti la vicenda.
Difatti, il caso risolto dagli Ermellini vede come imputata del procedimento penale una madre che, senza preavviso né autorizzazione, introducendosi nell’istituto scolastico da un ingresso secondario retrostante l’edificio, prelevava il figlio e da ciò seguiva un’aggressione verbale nei confronti di un’operatrice scolastica. Il comportamento dell’imputata generava così “tra gli alunni e gli insegnanti in generale un’agitazione tale da indurli ad interrompere le attività didattiche ed affacciarsi dalle aule per capire cosa stesse succedendo ed intervenire opportunamente, assieme alla dirigente scolastica”. Tale condotta ha integrato il reato previsto e punito dall’art. 340 del c.p. che al primo comma sancisce che “chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge cagiona un’interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno”.
Consolidato è l’orientamento della giurisprudenza di legittimità nell’affermare che “ai fini della configurabilità del reato di interruzione di un ufficio ovvero di un servizio pubblico o di pubblica necessità, è necessario che il turbamento della regolarità abbia comportato e causato un’apprezzabile alterazione del funzionamento dell’ufficio o del servizio, ancorché temporanea e non rileva che l’interruzione sia definitiva o il turbamento totale, essendo sufficiente, a tal fine, anche un’interruzione momentanea, purché non insignificante” (Cass., sez. VI, 19 marzo 2019, n, 12218). Pertanto l’interruzione delle lezioni scolastiche, anche se per pochi minuti, è sufficiente ad integrare il reato di cui all’art. 340 c.p., sempre che l’interruzione non sia insignificante, e ciò in ragione del fatto che la disposizione normativa in esame tutela non solo l’effettivo funzionamento di un ufficio o servizio pubblico, ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento” (Cass., sez. VI, 9 ottobre 2020, n. 28213).
Inoltre, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo, non è necessario che la condotta sia intenzionalmente volta a provocare l’interruzione o il turbamento di un pubblico servizio, è bensì sufficiente che il soggetto agente si renda conto che il proprio comportamento può cagionare una simile conseguenza e ne accetti il rischio agendo anche a costo di determinarlo; dunque, non è necessario il dolo intenzionale per l’integrazione del reato in oggetto (Cass., sez. VI, 23 settembre 2013, n. 39219).
Nel caso di caso di specie, alla luce delle considerazioni sin qui svolte, appare legittima la condanna della ricorrente, non potendosi ritenere esclusa la punibilità neanche invocando il carattere episodico della sua condotta dal momento che, come è emerso nel corso del giudizio, la stessa aveva più volte assunto comportamenti aggressivi nei confronti del corpo docenti e dei collaboratori scolastici. In forza di tali argomentazioni, quindi, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’imputata condannandola al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.