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ATTENZIONE GENITORI SEPARATI: LA PAGHETTA NON SOSTITUISCE IL MANTENIMENTO, LO STABILISCE LA Cass. Pen. 6 sezione, ordinanza n. 25593/2020 del 09.09.2020.

La questione del mancato versamento del mantenimento da parte del genitore obbligato e le conseguenze penali connesse è oggetto di nuovi interventi giurisprudenziali, in particolare in seguito alla recente ordinanza della Corte di Cassazione penale che ha condannato il padre che in luogo del mantenimento versava al figlio una paghetta periodica con cui copriva diverse necessità. Ebbene se questo metodo viene usato per non ottemperare agli obblighi imposti dal Giudice, il genitore, come nel caso menzionato, subisce una condanna. Andiamo nello specifico.

In sede di separazione giudiziale dei coniugi, il giudice regolamenta anche l’affidamento e il mantenimento dei figli.

Ai sensi del codice civile ciascun genitore è tenuto a provvedere al mantenimento, all’educazione e all’istruzione dei propri figli nei limiti delle rispettive possibilità fino all’indipendenza economica della prole.

Il diritto al mantenimento dei figli maggiorenni è previsto fino alla completa indipendenza economica, chiaramente però il figlio deve attivarsi per mantenersi in modo autonomo, in base alle proprie capacità e agli studi conseguiti.

Al momento di emettere i provvedimenti temporanei ed urgenti, il Giudice, oltre ad autorizzare i coniugi a vivere separatamente, dispone l’obbligo per il coniuge economicamente più forte di corrispondere a titolo di mantenimento in favore dei figli una somma di denaro periodica, determinando l’importo dell’assegno di mantenimento sulla base di una serie di criteri come le esigenze attuali del figlio (diversificate in base all’età), il tenore di vita che lo stesso godeva durante la convivenza con i genitori e le sostanze economiche di ciascun coniuge; tutti questi requisiti mettono in luce come ogni situazione vada valutata singolarmente.

Elemento certamente rilevante nella quantificazione dell’assegno è dato proprio dalle attuali esigenze economiche dei figli, al momento dell’emissione del provvedimento, comparate alle condizioni patrimoniali dei genitori, considerando che ai sensi dell’articolo 147 del codice civile il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli, non attiene solo all’obbligo strettamente alimentare, ma si estende a diverse esigenze da soddisfare, a livello per esempio scolastico, sportivo, sociale, all’assistenza morale e materiale, ecc.

Quando si parla di attuali esigenze del figlio, sulla base delle quali determinare l’importo dell’assegno di mantenimento, bisogna quindi valutarle in base all’età e alle effettive necessità personali, relazionali/sociali e scolastiche, che pertanto non si limitano al garantire una dimora e alle spese ordinarie, ma si estendono all’acquisto di beni e servizi che però non rientrano nemmeno nelle spese straordinarie o imprevedibili (pensiamo all’acquisto di abbigliamento o di libri di testo necessari per la scuola).

L’assegno di mantenimento dunque riguarda le spese ordinarie mentre per le spese straordinarie, (una visita medica per esempio) i genitori dovranno ripartirsi il dovuto in genere in misura del 50%, purché tali spese siano condivise e documentate.

Ciò premesso, se il genitore obbligato a versare l’assegno di mantenimento ai figli è inadempiente, ai sensi dell’art. 570 bis cod. pen. vi è violazione degli obblighi di assistenza familiare ed è prevista la multa fino a 1.032 euro e la reclusione fino ad un anno. Affinché però possa configurarsi l’ipotesi di reato è richiesto che il coniuge inadempiente abbia consapevolezza dell’obbligo di mantenere la prole e di violare il provvedimento del giudice, nonché che si tratti di un comportamento reiterato nel tempo. Se sussistono tutti questi elementi allora nell’interesse del figlio minore, il genitore convivente, in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sul proprio figlio, può decidere di presentare una querela alle autorità competenti.

Sul punto recentemente la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che la responsabilità penale sussiste anche nel caso in cui il genitore obbligato, invece del mantenimento, corrisponda ai figli solo la paghetta oppure non rimborsi la propria quota delle eventuali spese straordinarie sostenute dall’altro genitore (ordinanza del 09/09/2020 n. 25593/2020, Cass. Pen. Sez. VI).

Invero nel caso di specie un padre versava una paghetta al figlio in sostituzione dell’assegno di mantenimento e la Suprema Corte ai sensi degli artt. 570 e 570 bis c.p. ha ritenuto che il genitore non possa sostituire arbitrariamente e con soluzioni alternative, quanto disposto nel provvedimento del Giudice, ritenendolo quindi responsabile del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte il padre aveva provveduto ogni tanto in altro modo al sostentamento della prole, come emergeva dalle testimonianze rese dai figli stessi.

Per la Corte il carattere sporadico e occasionale delle contribuzioni oppure l’acquisto di beni materiali non è sufficiente ad evitare il versamento dell’assegno di mantenimento. Non può essere il genitore a scegliere una modalità diversa da quella disposta dall’Autorità giudiziaria.

Quindi non è ipotizzabile una soluzione come quella di fare dei regali al figlio al posto del mantenimento. Altrimenti si rischia una condanna penale.

Il genitore condannato aveva proposto ricorso in Cassazione perché per una situazione simile era stato precedentemente assolto e facendo leva su questo richiedeva una nuova assoluzione. Ebbene la Suprema Corte ha spiegato che il suo proscioglimento rispondeva a un’interpretazione giuridica e non si basava sui fatti.

Tanto perché l’assegno di mantenimento è un contributo di natura economica che consiste nel versamento periodico di una somma di denaro da parte di uno dei coniugi all’altro o ai figli per adempiere all’obbligo di assistenza materiale.

Ed è questo obbligo che la Corte ritiene violato, cioè gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

La spiegazione pratica quindi è che il genitore a cui è stato imposto il versamento dell’assegno di mantenimento in favore della prole non può trovare autonomamente delle soluzioni alternative a quelle stabilite dal giudice (la paghetta per esempio), altrimenti incorrerà nel reato summenzionato con applicazione della pena, cioè la reclusione fino a un anno o la multa da 103 a 1.032 euro.

A cura dell’Avv. Giuseppina Russo