Contenzioso Bancario e Finanziario, Focus

Cessione del quinto dello stipendio e tassi d’interesse

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Il contratto di cessione del quinto dello stipendio è regolato dal D.P.R. n. 180/1950 concernente “Sequestro, Pignoramento e Cessione degli stipendi salari e pensioni” e dal relativo D.P.R. di attuazione n. 895/1950.

La materia è stata poi oggetto di modifica della L. n. 80/2005 e con il D.Lgs. n. 141/2010 di attuazione della Direttiva 2008/48/CE.

Le caratteristiche peculiari di tale forma di finanziamento lo hanno reso il mezzo di ricorso al credito per eccellenza, tra tutte: l’importo massimo della rata di rimborso del prestito non superiore di 1/5 dello stipendio mensile netto continuativo e la possibilità di riceverlo anche da chi ha avuto in precedenza problemi di credito nel circuito bancario, con pignoramenti o protesti in corso ed anche in presenza di altri impegni finanziari.

La portata del fenomeno ha attratto l’interesse degli operatori creditizi che in esso ne hanno ravvisato possibilità di ingenti guadagni.
Proprio le questioni relative ai costi di tale finanziamento sono al centro di oltre il 71% dei ricorsi presentati nell’anno 2016 dinanzi ai Collegi dell’Arbitro Bancario Finanziario [1].
Tale situazione ha indotto la Banca D’Italia con documento del 27 marzo 2018 denominato “Orientamenti di vigilanza su prestiti contro cessione del quinto dello stipendio” a proporre interventi correttivi e migliorativi sul rapporto contrattuale della cessione del quinto.

In particolare le decisioni dei Collegi dell’ABF sono incentrate su temi relativi ai costi del finanziamento, anche in virtù della polizza assicurativa obbligatoria (sulla vita e sulla perdita del lavoro) da cui è assistita l’operazione di cessione del quinto dello stipendio ai sensi dell’art. 54 D.P.R. 180/1950. Preme ricordare come le voci di costo sostenute per la cessione del credito possono essere così classificate:

  • costi fissi/di istruttoria: costi fissi sostenuti per avviare le pratiche di cessione del quinto sostenuto inizialmente e pagato in un’unica soluzione ed i costi d’incasso rata;
  •  commissioni: costi che possono essere sostenuti per remunerare la rete commerciale/distributiva e per finanziare l’attività di marketing;
  • imposta di bollo: sui contratti di cessione del quinto è prevista un’imposta di bollo pari a 14,62 euro. Inoltre sulle comunicazioni periodiche, in particolare gli estratti conto inviati annualmente, è prevista un’imposta di bollo pari a 1,81 euro;
  • premi assicurativi: premi che è necessario pagare alle compagnie assicurative per poter beneficiare delle coperture assicurative sul rischio vita e impiego, trattenuti dall’importo netto erogato [2].

In tema di costi connessi alla cessione del quinto dello stipendio si evidenzia una Sentenza del Tribunale di Massa del 11 ottobre 2017 che affronta il tema del rapporto tra costi assicurativi ed il TEG contrattuale, nonché la differenza tra TEG e TEGM.

Sul primo punto difatti il Giudice fa leva sulla disposizione di cui all’art. 644 comma 1 c.p. che nel descrivere l’ipotesi criminosa dell’usura fa espresso riferimento al farsi “dare o promettere”, “per se o per altri”, “interessi o altri vantaggi usurari”, “sotto qualsiasi forma” ed “in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità”.

Sulla base di ciò ed in riferimento alla disposizione di cui al comma 4 dell’art. 644 c.p. [3] il Giudice statuisce che i costi assicurativi contribuiscono a determinare il costo complessivo effettivo del finanziamento e che vanno quindi presi in considerazione al fine di raffrontare il TEG con il tasso soglia.

Viene inoltre sancito che la “corrispettività degli interessi, così come degli altri vantaggi, va valutata in rapporto al profilo causale della loro pattuizione ed in relazione a tutti i possibili scenari (fisiologici o patologici che siano) configurabili nell’evoluzione del rapporto medesimo in fase esecutiva”.

In riferimento alla categorie dei tassi la Sentenza di cui in commento statuisce una netta differenza tra il TEGM ed il TEG evidenziandone di converso i due rispettivi profili funzionali.
Viene difatti sancito a chiari lettere che “la rilevazione del TEGM e la determinazione del TEG relativo alla singola operazione creditizia, ai fini della verifica di legalità, sono operazioni distinte, rispondenti a funzioni diverse e basate su aggregati di costi che, seppure definiti con criterio omogeneo … non sono perfettamente sovrapponibili”.
Il TEGM svolge una funzione di carattere statistico gestita da Banca D’Italia con l’obiettivo di fotografare l’andamento dei tassi di mercato praticato dalle banche.
Per tale motivo questo valore non può essere considerato al fine di verificare l’usurarietà dei tassi d’interesse.

Per fare ciò bisognerà far rifermento al TEG della singola operazione oggetto di valutazione, raffrontando lo stesso al tasso soglia della categoria di riferimento.
Nella Sentenza del Tribunale di Massa del 11 ottobre 2017 viene statuito che: “la rilevazione del TEGM è finalizzata ad enucleare un indicatore medio del mercato fisiologico del credito… mentre per l’individuazione del tasso della singola operazione creditizia rispetto alla quale effettuare il raffronto con il tasso soglia ai fini della verifica antiusura il Legislatore ha piuttosto consapevolmente considerato l’intero costo del finanziamento complessivamente inteso, trovando la omnicomprensiva nozione di “collegamento” (ndr. Cfr. art. 644 comma 4 c.p.) all’erogazione del credito, giustificazione, per l’appunto, in tale peculiare ed inequivoca voluntas legis”.

 

[1] Cfr. “Orientamenti di vigilanza sui prestiti contro cessione del quinto dello stipendio”, Banca D’Italia, 27/03/2018.

[2] Così Le Controversie Bancarie n. 9/2018.

[3] Art. 644 comma 4 c.p. : “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.”