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L’omicidio stradale: pene più elevate, reclusione certa?

Omicidio Stradale Studio Legale Gazzella

 

Il 2 Marzo 2016 il Senato ha definitivamente approvato il Disegno di Legge recante “Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali”, con il quale sono state apportate modifiche al Codice Penale, Codice di Procedura Penale, Codice della Strada e D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274.

In particolare è stato introdotto nel nostro Codice Penale l’art. 589 bis.

Tale delitto punisce a titolo di colpa colui che cagiona la morte di una persona violando le norme sulla disciplina della circolazione stradale. La pena prevista è della reclusione da 2 a 7 anni.

Il comma 2 dell’articolo in commento, ha invece introdotto la fattispecie aggravata di omicidio stradale, che si perfeziona qualora colui che ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica grave (tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) o di alterazione psico – fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, cagioni, per colpa, la morte di una persona. In questi casi la reclusione è da 8 a 12 anni.

La stessa pena edittale si applica per la fattispecie di cui al comma 3 dell’art. 589 bis c.p., che punisce i conducenti professionali che, alla guida di un veicolo, in stato di ebbrezza alcolica anche solo media (tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,5 grammi per litro) o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, cagionino per colpa la morte di una persona.

Il comma 4 punisce con la reclusione da 5 a 10 anni, chi cagiona per colpa, la morte di una persona alternativamente perché in stato di ebbrezza alcolica media, oppure perché si sia reso autore di specifici comportamenti connotati da particolare imprudenza (comma 5), come il superamento grave dei limiti di velocità, l’attraversamento di incroci con semaforo rosso, la circolazione contromano, l’inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o infine sorpassi azzardati.

Le predette pene sono aumentate qualora il reo non abbia conseguito l’abilitazione alla guida, abbia la patente sospesa o revocata, o non ha assicurato il proprio veicolo a motore (comma 6).

Il comma 7, dispone la diminuzione sino alla metà della pena, qualora l’omicidio stradale pur perfezionatosi a seguito delle menzionate condotte, non sia esclusiva conseguenza dell’azione o omissione del colpevole.

L’art. 589 bis si chiude con la fattispecie di cui al comma 8, che disciplina l’ipotesi in cui il conducente cagioni la morte di più persone ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone: si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo, entro il massimo di 18 anni.

La norma in commento è stata fortemente criticata dagli addetti ai lavori, in particolare dai magistrati i quali hanno sottolineato come il nostro codice penale già prevedeva l’omicidio stradale come una fattispecie aggravata di omicidio colposo, rubricato all’art. 589 comma 3 c.p.

Per i più, la disposizione contenuta nell’art. 589 bis c.p., rappresenta la volontà del Legislatore di dar seguito alle pressanti richieste che si levavano dalla società civile ed in particolare dalle associazioni dei familiari delle vittime della strada; taluno l’ha qualificata come mera spettacolarizzazione politica, semplice propaganda elettorale.

L’Unione delle Camere Penali, con nota del 4 marzo 2016 ha affermato: “Si tratta di una vera e propria mistificazione, di un arretramento verso forme di imbarbarimento del diritto penale, frutto di cecità politico-criminale e di un assoluto disprezzo per i canoni più elementari della “grammatica” del diritto penale.

In secondo luogo, le leggi penali proprio per essere destinate ad incidere sulla viva carne delle persone (imputati e vittime) e a condizionare i comportamenti di tutti i consociati dovrebbero essere approvate con ampio consenso, previo dibattito parlamentare e senza ricorrere alla fiducia, secondo canoni razionali e non con il solo obiettivo di raccogliere facile approvazione dalla opinione pubblica spesso male informata, dimenticando perfino le statistiche che danno in netta diminuzione, grazie ad una capillare opera di prevenzione e di educazione culturale, le c.d. “stragi del sabato sera”.

Non solo, ma non avere previsto come adeguata attenuante ad effetto speciale (suggerita dalla UCPI) per chi presta soccorso, è un vero e proprio incentivo alla fuga. Chi provoca un incidente, se ha il minimo dubbio che il mezzo bicchiere bevuto possa avergli alterato il tasso alcoolemico (e certo non può sapere di quanto!) nella maggioranza dei casi fuggirà. Con quali possibili conseguenze per le vittime è facile immaginare”.

Altresì è evidente la scelta di sostituire alle politiche di prevenzione, un sensibile inasprimento del trattamento sanzionatorio, ponendolo quasi alla pari delle ipotesi dolose di reato, violando lo stesso titolo dell’articolo in commento, che lo qualifica come colposo, ovvero superando i limiti logico-strutturali che differenziano le due tipologie di reato.

La nuova disposizione del codice penale, sicuramente desta non poche perplessità rispetto alla definizione che la Corte Costituzionale ha dato del principio di colpevolezza, ovvero in relazione all’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione nel 2009, sull’art. 586 c.p., il cui combinato disposto impone l’esclusione della responsabilità oggettiva, ipotizzabile invece nella norma di cui all’art. 589 bis c.p., per l’impostazione che il legislatore le ha dato.

Si rammenta come con la sentenza n. 364 del 1988, la Corte Costituzionale abbia fornito un’interpretazione costituzionalmente orientata del principio di colpevolezza, noverandolo come principio cardine del nostro ordinamento, indispensabile per “garantire al privato la certezza di libere scelte d’azione: per garantirgli, cioé, che sarà chiamato a rispondere penalmente solo per azioni da lui controllabili e mai per comportamenti che solo fortuitamente producano conseguenze penalmente vietate”.

L’intervento delle Sezioni Unite anzi richiamato, con sentenza n. 22676 del 2009, ha statuito: “In tema di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, la morte dell’assuntore di sostanza stupefacente è imputabile alla responsabilità del cedente, sempre che, oltre al nesso di causalità materiale, sussista la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale (diversa dalla norma che incrimina la condotta di cessione) e con prevedibilità ed evitabilità dell’evento da valutarsi alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale”.

Alla luce di tali considerazioni, si attendono i primi casi di applicazione pratica per comprendere quali saranno gli orientamenti della giurisprudenza e soprattutto per constatare come tale norma possa in concreto prevenire queste sciagure, oppure sia stata il semplice bisogno, politico, di dare risposte ad un forte disagio sociale.