Contenzioso Bancario e Finanziario, Focus

I COSTI “OCCULTI” DELL’ESTINZIONE ANTICIPATA

La Banca d’Italia è tornata ad occuparsi, recentemente, del mercato della cessione del quinto (CQS) mettendone in luce talune criticità e rilevando comportamenti impropri degli operatori del comparto[1].

Nello specifico vogliamo occuparci del caso dell’estinzione anticipata.

Nella CQS tutti i costi afferenti l’esecuzione del contratto sono pagati inizialmente, o me­glio sono trattenuti. Era ed è ancora prassi inserire clausole che ne prevedano la mancata restituzione (a meno degli interessi), in caso di anticipata estinzione, per il periodo di du­rata non goduto. In alcuni casi, le clausole che prevedono la rimborsabilità risultano poco chiare e trasparenti.

Questa comportamento è stato stigmatizzato dall’organo di vigilanza e condannato dall’ABF (Arbitro Bancario Finanziario).

Già nella Comunicazione del 10 novembre 2009 il Governatore Mario Draghi scriveva come fosse ricorrente il mancato rispetto delle vigenti disposizioni in materia di estinzione anticipata dei finanziamenti riconducibili al credito al consumo. Relativamente all’estinzione antici­pata è stata altresì riscontrata la prassi di indicare cumulativamente, nei contratti l’importo di generiche spese, non consentendo quindi una chiara individuazione degli oneri maturati e di quelli non maturati. Tale prassi comporta la difficoltà, e talvolta l’impossibilità, per il cliente di individuare quali oneri debbano essere rimborsati in caso di estinzione anticipata della cessione. L’interme­diario dovrà restituire, nel caso in cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal consumatore, la relativa quota non maturata.

Da allora, passando per il successivo intervento del 2011, poco o nulla sembra essere cambiato. Ancora oggi, nel 2018, la Banca d’Italia continua infatti a riscontrare nella sua attività di controllo la diffusa mancanza di chiarezza nella rappresentazione dei costi (ad esempio: duplicazione di commissioni a fronte di una medesima attività; ambiguità nel discriminare tra costi upfront e recurring) che può tradursi in un ingiustificato innalzamento del livello complessivo dei costi e in una sottovalutazione degli importi oggetto di restituzione in caso di estinzione anticipata dei contratti.

La conseguenza è stata che i consumatori, per vedersi tutelato il diritto alla rifusione delle somme ingiustamente trattenute dal finanziatore, sono stati costretti a ricorrere all’organo di risoluzione stragiudiziale. Lo dimostra la mole di ricorsi all’ABF (22mila nel corso del 2017, il 40% in più in un anno e soprattutto il 72% del totale) che in buona parte hanno riguardato la circostanza di cui ci occupiamo.

Secondo il consolidato orientamento dell’ABF[2], nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, deve essere rimborsata la quota delle commissioni e dei costi assicurativi non maturati nel tempo, ritenendo contrarie alla normativa di riferimento le condizioni contrattuali che stabiliscano la non ripetitività tout court delle commissioni e dei costi applicati al contratto nel caso di estinzione anticipata dello stesso. L’ABF ritiene, in linea di principio, che in assenza di una chiara ripartizione nel contratto tra oneri up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle voci di costo debba essere preso in considerazione al fine della individuazione della quota parte da rimborsare e che l’importo da rimborsare debba essere equitativamente stabilito secondo un criterio proporzionale, tale per cui l’importo di ciascuna delle voci di costo viene moltiplicato per la percentuale del “finanziamento estinto anticipatamente”, risultante dal rapporto fra il numero complessivo delle rate e il numero delle rate residue.

Quale effetto economico/finanziario avrebbe la mancata restituzione di tali somme?

Proviamo a spiegarlo con un esempio.

Il sig. Rossi stipula con la società Alfa un contratto che prevede il pagamento (mediante trattenuta sul proprio stipendio) di 120 rate mensili da 250€ (il sig. Rossi si impegna a pagare quindi un capitale complessivo di 30.000€), al tasso annuo di interesse del 4%. La componente degli interessi, che la società Alfa trattiene subito, risulta complessivamente pari a 5.307,46€ ed il capitale finanziato è, conseguentemente, pari a 24.692,54€. Prima però di quantificare l’ammontare effettivamente accreditato al sig. Rossi (cd. Netto Ricavo), la società Alfa deduce tutti gli altri costi del contratto. Immaginiamo, per semplicità, che tali costi risultino pari ad 7.000€ per commissioni ed altro e che il contratto non ne preveda il rimborso in caso di estinzione anticipata. L’ammontare finale accreditato al sig. Rossi risulta pari 17.692,54€ con un costo totale di 12.307,43€, a cui corrisponde un TAEG (cioè il tasso annuo effettivo di interesse che misura il costo complessivo del finanziamento) del 12,263%.

Trascorsi 60 mesi però, ovvero la metà della durata complessiva del contratto, il sig. Rossi decide di estinguere il finanziamento.

In questo caso, la società Alfa rimborserà al sig. Rossi solo l’ammontare 1.425,23€ per interessi (pari alla somma delle quote interessi calcolate per i restanti 60 mesi del finanziamento, come da piano di ammortamento del capitale finanziato). In questo scenario il sig. Rossi avrà ricevuto inizialmente la somma di 17.692,54€, avrà pagato 60 rate di 250€ ciascuna ed avrà rimborsato il debito residuo di 13.574,77€ (ovvero l’importo di 60*250€ al netto delle quote interessi di 1.425,23€). Il TAEG corrispondente a tale operazione risulta pari al 14,581%. In pratica al sig. Rossi il finanziamento sarà costato quasi il 2,5% in più rispetto al valore inizialmente pattuito. Se aggiungiamo anche la componente di costo della penale, pari all’1% del debito residuo, allora la maggiorazione di costo sarà ancora più elevata[3].

A questo punto risulta necessario fare una considerazione anche sugli interessi.

Normalmente le rate pagate per il rimborso di un prestito incorporano una componente (quota capitale) con la quale si rimborsa il prestito ricevuto ed una componente (quota interessi) con la quale si pagano gli interessi. Man mano che si pagano le rate il debito diminisce e così le relative quote interessi. È possibile dimostrare che in corrispondenza della metà della durata del finanziamento si sono già pagati circa i tre quarti degli interessi complessivi.

Nel nostro esempio, infatti, il sig. Rossi ha pagato 3.882,22€ di quota interessi (pari a 5.307,46€ al netto di 1.425,23€) che corrispondo, appunto, al 73% del totale.

Il sig. Rossi quindi, al momento dell’estinzione anticipata, ha già sopportato il maggior carico per interessi e per la restante durata del finanziamento avrebbe, dunque, pagato una rata composta per la quasi totalità dalla quota capitale. Quindi, con l’estinzione paga in un’unica soluzione il debito residuo, mentre avrebbe potuto pagarlo in maniera dilazionata nei successivi 60 mesi con un lievissimo carico di interessi!

Pertanto, ai fini dell’estinzione anticipata del finanziamento, occorre procedere ad una valutazione della convenienza tenendo presente alcuni elementi tra cui:

  1. la previsione contrattuale sulla rimborsabilità delle competenze inizialmente pagate per le quali si è detto è possibile procedere, anche in via stragiudiziale, nel caso in cui l’istituto finanziatore ne opponga la restituzione;
  2. l’importo da pagare a titolo di penale per l’anticipata estinzione;
  3. il periodo trascorso rispetto alla sua durata complessiva del finanziamento per valutare il carico degli interessi già sopportati;
  4. gli eventuali costi in caso di rifinanziamento.

In definitiva, al di là delle motivazioni personali, l’uscita anticipata dal contratto con l’obiettivo di sgravarsi dal peso del finanziamento, se non correttamente valutata, comporta l’aggravio di un carico di costi di cui non si ha piena consapevolezza.

Ciriaco Serluca

[1] https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/orientamenti-vigilanza/operazioni-finanziamento_quinto.pdf

[2] Si veda fra gli altri Coll. Roma n. 8558/14; n. 8535/14; Coll. Coordinamento n. 6167/2014

[3] È evidente che la maggiorazione di costo è tanto più elevata quanto più ravvicinato è il momento della conclusione del contratto e la sua estinzione. Per averne un’idea basti pensare che, nel nostro esempio, l’estinzione dopo un solo anno di vita del contratto comporta una maggiorazione del TAEG del 36% ben oltre qualunque limite previsto dalla normativa antiusura (ancorchè questa impostazione, per molti, non sia immediatamente adottabile nella valutazione della violazione dell’art. 644 c.p.).