Il 21 maggio 2015 è stato approvato in via definitiva alla Camera dei Deputati il DDL anticorruzione. Con ciò viene reintrodotto nel nostro ordinamento il reato di falso in bilancio. Configurato come reato di pericolo, non vi sarà la necessità di provare l’alterazione del mercato o l’aver prodotto un danno alla società. Eliminate le soglie di non punibilità introdotte dalla riforma del 2002.
Perseguibile d’ufficio, ad eccezione delle piccole società non soggette al fallimento, per le quali è prevista la querela di parte (della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale), la nuova figura di reato prevede tre graduazioni di pena. Reclusione da tre ad otto anni per chi falsifica il bilancio di società quotate in borsa; reclusione da uno a cinque anni per le altre società, termine massimo che esclude l’utilizzo delle intercettazioni durante i relativi accertamenti, nel caso in cui consapevolmente si espongano “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero” o li si omettano; reclusione da sei mesi a tre anni per i fatti di lieve entità. La lieve entità viene valutata dal giudice, in base alla natura e alle dimensioni della società e alle modalità o gli effetti della condotta dolosa. Prevista la non punibilità per “particolare tenuità del fatto”.
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